Qualsiasi esso sia e da qualsiasi parte arrivi, il feedback è fondamentale per chiunque: dai clienti, dai colleghi, dalle persone che stanno vicino a te, a casa, sul lavoro, in un gruppo. Ovunque ci sia interazione con altri, il feedback è cruciale, non se ne può e non se ne deve fare a meno. È il motore principale del miglioramento e dell’evoluzione e come tale va ricercato continuamente.

Il feedback è quella cosa che, se desiderata, capita, digerita, assimilata e messa in pratica, è fattore scatenante di una perturbazione, sia in chi lo dà e soprattutto in chi lo riceve. Sicuramente se ci si pone l’obiettivo di cambiare in meglio, di diventare delle persone migliori, ci si deve mettere nell’ottica di dare e ricevere feedback.

Dare un feedback

Richiede un certo savoir-faire, perché le informazioni che tu hai sugli altri, se date nel modo giusto e al momento giusto, aiuteranno gli altri a fare passi avanti; viceversa, se veicolate nel modo o momento sbagliato, otterranno l’effetto contrario, di chiusura, poca ricettività e sicuramente zero miglioramento. Non è detto che il tuo feedback sia fondamentale o vitale: è comunque informazione che può essere preziosa per la persona che la riceve.

Ricevere un feedback

C’è bisogno di un atteggiamento di ascolto per ricevere un feedback, soprattutto perché non sempre questi arrivano in maniera chiara e verbale. “Ascoltare” l’elefante nella stanza (sembra impossibile) ma non è così facile. Assimilare i feedback richiede coraggio, perché entrare in un contesto di umiltà nel quale il feedback circola liberamente ti obbligherà a cambiare. Il feedback può essere positivo, ma anche scomodo e impegnativo. Ci può mettere in discussione e perturbare una situazione comoda dalla quale non ci si vuole muovere. Ricevere un feedback, in qualche modo, ti lega con chi te l’ha dato.

Alcuni contesti di feedback

Stabilire una relazione basata sul feedback è fondamentale, ma molto complesso: richiede metodo, coraggio, umiltà e voglia di cambiare. Se manca quest’ultima, inutile iniziare. Ricevere feedback tanto per fare un assessment di quello che è il pensiero su un argomento può essere deprimente e comunque peggiorativo per chi invia il feedback. Infatti ogni volta che si cerca un feedback, nella persona o gruppo che lo invia, si crea una forte aspettativa che quel feedback sia ascoltato e che su quello si faccia un’azione di miglioramento.

Feedback dai clienti verso un’azienda

Molte aziende, da molti anni, hanno strutturato un processo ascolto del pensiero del cliente in modo da trasformarlo in azioni di miglioramento dei prodotti o dei processi. Un esempio strutturato (metodo) di processo di gestione del feedback è il Net Promoter System che utilizza l’indicatore Net Promoter Score come KPI per la misurazione del gradimento lato clienti dei prodotti di un’azienda. Essendo un processo di feedback, richiede che la voce del cliente sia raccolta, analizzata e che il cliente stesso sia ricontattato (soprattutto se si configura come detrattore) per capire le sue difficoltà, implementare un processo di miglioramento interno (magari a braccetto con quel cliente) e “chiudere il loop” informando i cliente del miglioramento avvenuto. È un ciclo continuo.

Non illudiamoci che il feedback vero e completo sia il primo contatto che il cliente ha con l’azienda. Quando lui/lei scrive su una survey, su una pagina “lasciaci un feedback“, su siti come TrustPilot o TripAdvisor, sta semplicemente facendo un primo contatto, un messaggio più o meno strutturato unidirezionale. Il vero feedback è quello che il cliente darà una volta richiamato al telefono o incontrato di persona. Certo: tutto ha un valore, ma se si desidera davvero capire e soddisfare il bisogno che il cliente manifesta, si capisce quando il primo contatto vada assolutamente dettagliato e approfondito.

Per approfondire il concetto e il sistema dietro NPS, consiglio di leggere “The Ultimate Question 2.0” o qualcosa di più nuovo se lo trovate.

Feedback fra le persone di una stessa azienda

Nell’ambiente di lavoro, ricevere feedback sul proprio operato è vitale per chiunque abbia voglia di imparare cose nuove e di essere efficace nel proprio quotidiano. I periodi più faticosi e noiosi della mia crescita professionale sono stati quelli privi di feedback. A differenza del rapporto cliente-azienda, fra colleghi c’è sempre un imbarazzo nel veicolare un feedback chiaro e trasparente, perché, se un’azienda che fa una survey sui clienti dichiara implicitamente di essere predisposta ad accettare un messaggio anche negativo, fra colleghi questo non è scontato. Tuttavia, come in ogni altro contesto, anche qui stimolare il feedback porta enormi vantaggi in termini di argomenti e skill da approfondire, di percorsi di carriera, di aspettative, ecc…

Qui di seguito alcuni tipi di feedback che si possono concretizzare in azienda.

Feedback dal manager verso i componenti del suo team

È quello che solitamente avviene, più o meno strutturato, in ogni azienda. Non è scontato, ma comunque va ricercato in ogni modo e deve essere un flusso di informazioni continuativo. Il manager non deve aver paura di dare feedback negativi alle persone con cui lavora, se ritiene che questi messaggi siano importanti per la crescita della persona stessa. Allo stesso modo non deve nemmeno vergognarsi a dare feedback positivi: c’è bisogno anche di messaggi sereni e premianti per far capire alle persone che stanno lavorando nel modo giusto. Esiste purtroppo anche il manager che guarda solo avanti: se il vostro manager non vi parla, non vi dice come state andando, andate a parlargli e esigete un feedback.

Feedback dal team verso il manager

Un po’ meno diffuso, ma estremamente utile per ogni manager per capire come sta lavorando con il suo team. Io cerco continuamente feedback dalle persone con cui lavoro: in fin dei conti lavoro con loro, lavoro per loro, organizzo il loro lavoro. Parte del successo del mio quotidiano dipende da quanto sono efficace con il mio team. E chi dovrebbe dirmelo se non loro stessi?

Feedback a 360° fra i componenti di un team

Questa attività richiede molta maturità nel team che la pratica. Può essere strutturato in maniera variegata, tipo tramite retrospettive o con survey anonime, e ha lo scopo di far migliorare la singola persona su degli skill o comportamenti necessari al team in cui lavora. Ovviamente, di riflesso, fa crescere anche il team nel suo insieme.

  • Lo si applica in quei contesti in cui la componente team è molto forte, in ambienti con micro-management scarso o inesistente, dove quindi non c’è un manager che può darti un feedback. Qualora ci fosse un manager, il suo feedback diventa uno dei tanti.
  • E’ ottimo perché evita situazioni discriminatorie, di pregiudizio, che potrebbero emergere in un rapporto 1-to-1 ma che si annacquano quando il feedback arriva da un gruppo più ampio.
  • Risulta più efficace nelle situazioni in cui il manager non lavora direttamente con il team o dove il manager ha skill diversi dal team con cui lavora.
  • Se strutturato cross-team, con i vari stakeholder, consente di ricevere feedback da tipologie di persone diverse, con diversi punti di vista dai vari settori dell’azienda. Questo risulta utilissimo ad esempio quando un manager si fa valutare dai suoi “pari” che hanno ruoli di management in altri reparti.